per Federica
da http://www.assemblea.emr.it/paceediritti
La situazione dei diritti umani nel mondo secondo Amnesty International
Il rapporto Amnesty International del 2012
Come
ogni anno Amnesty International stila un rapporto volto a documentare
la situazione dei diritti umani nel mondo, col fine di portare avanti la
promozione (indipendente e imparziale) del rispetto dei diritti umani
sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e la
prevenzione di specifici abusi. Così facendo, Amnesty si propone di
mobilitare la pressione dell’opinione pubblica mondiale sia sui governi
che su altri soggetti.
Il rapporto del 2012 -
Il rapporto del 2012 offre una fotografia sulla condizione dei diritti
umani nel mondo nell’anno 2011. Sebbene il rapporto sia suddiviso in 5
aree regionali (Africa Subsahariana, Americhe, Asia e Pacifico, Europa e
Asia Centrale, Medio Oriente e Africa del Nord) e i paesi analizzati
singolarmente siano ben 155, l’introduzione presenta delle tendenze
comuni alla maggior parte dei paesi analizzati, come una sorta di minimo
comune denominatore che fa da sfondo alle peculiarità delle singole
vicende locali.
Nel corso del 2011 le parole
protagoniste degli eventi politici sono state soprattutto tre:
cambiamento, coraggio e conflitto. L’introduzione al rapporto, scritta
dal segretario generale Salil Shetty, si apre con una panoramica
generale sugli eventi che hanno caratterizzato la primavera araba e la
conseguente repressione da parte dei governi, soprattutto quelli
egiziano, libico, yemenita e siriano, ribadendo da un lato l’importanza
del ruolo dell’intera comunità internazionale nella garanzia di
giustizia e sicurezza per le popolazioni vittime di questa repressione,
dall’altro lato l’inadeguatezza e la limitatezza dell’azione
internazionale fino ad oggi.
In particolare, Salil Shetty si chiede
se sia veramente possibile che gli stessi paesi che hanno il potere di
porre il veto a qualunque risoluzione del consiglio di sicurezza possano
essere ritenuti attori affidabili nel perseguire la pace e la sicurezza
internazionale, quando sono anche coloro che più guadagnano dal
commercio globale di armi. Nasce così una riflessione allo stesso tempo
più ampia e profonda sul senso di una leadership globale, sulla perdita
del senso di legittimità da parte dei leader e sulla inevitabile ricerca
di una leadership a passo coi tempi.
Africa - La prima
sezione, dedicata ad una panoramica sulla regione dell’Africa sub
sahariana, è forse quella che presenta meno colpi di scena: le parole
che ricorrono nell’analisi di questa regione sono quelle di povertà,
repressione politica, conflitto, emarginazione, discriminazione e abuso
dei diritti umani.
L’aggravante di questa situazione è la
visione poco ottimista del rapporto, il quale sottolinea come
probabilmente il rispetto e la tutela dei diritti umani non conosceranno
miglioramenti tanto rapidi e incisivi nella regione dell’Africa
Subsahariana, come è avvenuto per l’Africa del Nord; anzi, qui la
situazione potrebbe addirittura peggiorare. L’interrogativo che si pone è
se da parte della leadership africana ci sarà la volontà politica di
abbracciare questo cambiamento oppure considerarli una minaccia al
proprio potere.
Americhe - La
panoramica sulla situazione nel continente americano è indubbiamente
meno allarmante ma altrettanto preoccupante in quanto i progressi in
questo senso sono decisamente limitati. Uno dei punti più delicati è
quello della pubblica sicurezza in relazione al rispetto i diritti
umani: i governi di molti paesi, infatti, hanno continuato a
strumentalizzare le preoccupazioni (legittime) riguardanti la pubblica
sicurezza e gli elevati tassi di criminalità per giustificare o ignorare
le violazioni dei diritti umani commesse dalle loro forze di sicurezza
nel rispondere alle attività criminali o alle azioni dei gruppi armati.
Asia - Nella regione
dell’Asia Orientale e del Pacifico gli ambiti in cui Amnesty ha
registrato forti violazioni dei diritti umani spaziano dai conflitti e
le insurrezioni armate, alla repressione del dissenso, ai diritti dei
gruppi di minoranza sino al mancato accertamento delle responsabilità e
la conseguente mancanza di giustizia.
Europa - La sezione
dedicata all’Europa e all’Asia Centrale si apre con un excursus
sull’arresto e il processo del generale Ratko Mladic, ricercato tra
l’altro per l’omicidio di 8000 uomini e ragazzi a Srebrenica, con
l’intento di sottolineare l’importanza dell’evento per le vittime dei
crimini delle guerre degli anni Novanta in Jugoslavia. Questo arresto ha
anche rappresentato un potente messaggio, non solo per le persone
interessate, ma per tutto il continente, un messaggio di speranza dopo
lunghi anni di attesa.
Ciononostante, la violazione della
libertà di espressione e di movimento (si pensi alle migliaia di
rifugiati e migranti che dall’Africa hanno deciso di intraprendere il
pericoloso tentativo di attraversare il mare per giungere in Europa alla
ricerca di sicurezza e di un futuro, che, invece di vedersi accolte, si
sono scontrate con la decisione dell’Unione Europea di potenziare la
propria agenzia per il controllo delle frontiere, Frontex), la
discriminazione, le drastiche misure di controterrorismo e sicurezza e
la pena di morte in Bielorussia riportano immediatamente alla quotidiana
distanza esistente tra la retorica dei diritti umani e la realtà della
loro applicazione.
Italia - Nello
specifico, il focus sull’Italia evidenzia come siano proseguiti gli
sgomberi forzati di comunità rom e la discriminazione nei loro
confronti, ricordando che a novembre il Consiglio di Stato ha dichiarato
illegittima la cosiddetta “emergenza nomadi” (uno stato di emergenza
dichiarato nel 2008 in varie regioni italiane). Razzismo e
discriminazione verso minoranze quali rom e migranti non sono cessati.
Infine, l’Italia non ha istituito meccanismi efficaci per la prevenzione
e la punizione della tortura e altri maltrattamenti.
Medio Oriente -
L’ultima sezione torna a concentrarsi sul Medio Oriente e l’Africa del
Nord, ricordando come il 2011 sia stato realmente l’anno della svolta:
l’intera regione è infatti stata caratterizzata dalle richieste di massa
per un cambiamento reale. Almeno per una volta, l’idea del potere del
popolo ha influenzato l’intera regione, scuotendola nel profondo.
Tuttavia, il rapporto analizza anche la
risposta internazionale piuttosto controversa a questi eventi: gli
Stati Uniti e i governi occidentali, che per lungo tempo erano stati i
principali alleati dei leader dittatoriali di Tunisia ed Egitto,
inizialmente non hanno colto il significato delle proteste e hanno avuto
una reazione lenta. Ben presto, tuttavia, si sono affrettati a
riformulare la loro linea politica, ammettendo finalmente la natura
violenta dei regimi in bilico.
Amnesty International -
Oggi, Amnesty International conta oltre due milioni di sostenitori, che
risiedono in più di 150 nazioni; nel 1977 l’organizzazione ha ricevuto
il Premio Nobel per la pace per l´attività di "difesa della dignità
umana contro la tortura, la violenza e la degradazione" e l´anno
seguente è stata insignita del Premio delle Nazioni Unite per i diritti
umani. Oggi, alla luce di questo rapporto, sta all’intera comunità
internazionale agire affinché l´inno ufficiale dell´organizzazione (la
canzone dei The Wailers e di Bob Marley Get Up Stand Up) non resti una
mera speranza.
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